mi piace leggere, viaggiare e il mare in tutte le stagioni. credo fermamente in tutte le ragioni dell'essere, nel suo manifestarsi e nella profonda bontà dell'animo umano.

mercoledì 6 giugno 2012

ricordi di una bambina musona




Aveva 13 anni. Prendeva l’autobus al capolinea, a 500 mt da casa. Percorreva quel tratto di strada senza tanto entusiasmo, già stanca prima di iniziare a camminare con passo strascicato, guardando i sassolini per terra. Arrivava quasi sempre cinque minuti prima della partenza. Si sedeva sul sedile di legno freddo e duro e aspettava. L’autista saliva dopo poco e le rivolgeva un sorriso benevolo, come di complicità. Li conosceva di vista tutti gli autisti e si era instaurata una silenziosa strana amicizia. L’uomo alla guida metteva in moto con un leggero sussulto e poi lentamente s’immetteva nel traffico caotico della città. Le case che scorrevano incolori alla sua vista e l’andirivieni della gente le faceva girare la testa. Assorta nei suoi pensieri, guardava distrattamente la strada fuori. Viaggiava per tutto il tragitto fino all’altro capolinea.  Dopo un’ora scendeva con la nausea e tutto il mondo che le girava intorno. Percorreva ancora circa 1 km a piedi lungo una via tortuosa e in salita: ora costeggiava la casa disabitata che si diceva vi abitassero i fantasmi, ora passava sull’orlo di una grande scalinata che scendeva scoscesa fino ad una grande e luminosa piazza, ora sontuose ville s’innalzavano davanti ai suoi grandi occhi sempre sgranati sul mondo. Infine arrivava di fronte all’edificio imponente e austero dove “abitavano le suore”. Suonava il campanello  ancora con il fiatone. Chi apriva il grande portone  era sempre una suora, piccola e gobba, con un ghigno fisso sul viso: non era colpa sua se era così brutta, ma alla bambina metteva soggezione e paura. La ragazzina non osava dire più del necessario e anche quello, lo sussurrava appena, cosa che irritava sempre la religiosa, la quale rispondeva con un grugnito di disapprovazione ” chi sei? Cosa vuoi? Cosa dici? Sei Mirelle? ….una parente? ……,Entra!
“Questa ragazzina scheletrica, impacciata e goffa mi fa perdere sempre un sacco di tempo!” borbottava tra se la religiosa.
Mirelle entrava nell’atrio che odorava di pulito e incenso. Tutti marmi lucenti e madonne piangenti che la guardavano dall’alto con l’aria afflitta. Sembrava che il dolore e la pena abitassero quel luogo. Aspettava, timorosa e immobile seduta su una sedia di pelle, mentre il cerbero vestito da suora andava a chiamare sua sorella.
La sorellina più piccola di 2 anni era  in quel collegio ormai da tempo e Mirelle si chiedeva, ogni volta in quel momento,  perché dovesse andare lei a prenderla e portarla a casa per il fine settimana e non la mamma.
La mamma! eh già, la mamma!
sempre indaffarata con bimbi piccoli mocciolosi attaccati alle gonne: I fratellini, che Mirelle doveva accudire e cambiare. Pannolini sporchi da lavare. Attenta a che non si facciano del male.
Come quella volta che la mamma aveva detto “controllate vostro fratello che dorme, io vengo subito, vado dal fornaio!”. Ma giocando con sua sorella, non si era accorta che Andrea (8 mesi) piangeva dentro la sua carrozzina, dove dormiva anche la notte, e agitandosi era caduto per terra. Che paura quella volta! Corri dalla vicina di casa, la quale, poverina, tutta spaventata anch’essa non potè far altro che prendere in braccio l’infante e cercare di calmarlo e proprio in quel mentre è arrivata la mamma che urlando  “cosa gli avete fatto, disgraziate!” prese subito in braccio il figlioletto guardando ansiosa cosa fosse successo.  Noi via a scappare sotto il letto.
Stava ancora pensando al suo fratellino urlante, quando sull’uscio apparve sua sorella Elisa. Sempre con il broncio come se la vita le avesse tolto qualcosa di prepotenza. Con i suoi capelli rosso fuoco reticenti al pettine.  Guardava Mirelle in cagnesco e non diceva neanche una sillaba. Labbra serrate e occhi furibondi, prendeva la mano della sorella più grande e con forza la spingeva verso l’uscita.
Senza neanche salutare la suora scorbutica, varcavano l’uscio e si incamminavano lungo la via del ritorno a casa. A metà strada spuntava un tiepido sorriso sulle labbra di Elisa e con fare un po’ canzonatorio chiedeva alla sorella maggiore “ dai entriamo dentro la casa dei fantasmi!”
Mirelle la guardò un istante e poi le chiese “Come ti trovi là dentro? Intendo in collegio!”. L’ombra buia di prima tornò a rannuvolare l’espressione di Elisa che per tutta risposta bofonchiò “ non ne voglio parlare!”
Percorsero un altro tratto di strada in silenzio, ognuna assorta nei propri pensieri.
“guarda che anch’io sono stata in collegio, proprio come te, e anche più lontano di te!”  Disse a un tratto Mirelle.
“Non m’importa un fico secco di quello che hai fatto tu!”
Poi ripensandoci aggiunse “ anch’io sono stata nel tuo stesso collegio a Formia e tu non mi difendevi per niente dai grandi che mi facevano i dispetti!”
“e come avrei potuto! Io stavo dall’altra parte del collegio. Ti ricordi quanto era grande: con quel dormitorio immenso pieno di finestre che davano su un mare che non riuscivo mai a vedere perché ero troppo bassa? E poi ero triste quanto te, e anche se sono più grande, gli altri facevano paura anche a me!” rispose Mirelle con la fronte aggrottata dal ricordo.
Percorsero ancora un tratto di strada in silenzio. Il suolo acciottolato era in pendenza. Le sontuose ville ai lati  sembravano scrutassero le bambine con le loro finestre occhiute.
“Ma tu pensi che mamma e papà non ci voglino bene?” domandò ad un tratto con un’espressione triste Elisa.
“non lo so! Penso solo che forse abbiamo fatto qualcosa che non va, altrimenti perché ci avrebbero messo in quella specie di galera?” rispose Mirelle.
“lo sai oggi ho raccontato a una ragazzina del collegio che noi siamo poveri e che non abbiamo sempre da mangiare. Io pensavo che così mi avrebbe voluto un po’ di bene e che forse avrebbe provato un po’ di pena per me e invece ha cominciato a prendermi in giro e a chiamare tutte le altre bambine urlando a squarciagola che ero una stracciona e che mia mamma viveva per la strada e tante altre cose bruttissime sulla nostra famiglia. Io ho cominciato a piangere e mi hanno preso in giro ancora di più.” Mentre Elisa pronunciava quelle parole i suoi pugni si serravano facendo diventare bianche le nocche. “ li odio, li odio tutti quelli là dentro, suore comprese” aggiunse.
“ un giorno o l’altro li picchierò tutti, così impareranno a prendermi in giro!”
E così dicendo diede un calcio ad un sasso che rotolò giù per un grande scalone che terminava in una splendida piazza di Roma.
continua......

1 commento:

Sde ha detto...

Aspetto con impazienza il seguito...

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