mi piace leggere, viaggiare e il mare in tutte le stagioni. credo fermamente in tutte le ragioni dell'essere, nel suo manifestarsi e nella profonda bontà dell'animo umano.

venerdì 28 ottobre 2011

I PASSEGGERI DEL VOLO PER PARIGI....

“I passeggeri del volo per Parigi sono pregati di recarsi all’imbarco…”
La voce metallica frantumò la ragnatela di pensieri che avvolgevano Gianna, riportandola alla realtà come farebbe un secchio d’ acqua fresca rovesciato addosso una persona addormentata.
Si alzò con un sospiro, prese la sua borsa, guardò la sedia per accertarsi che non avesse dimenticato nulla e cominciò a farsi largo tra una moltitudine di persone.
Sembrava che tutti avessero deciso di partire quel giorno.

Mentre era seduta ad attendere il volo, si era soffermata a guardare gli altri passeggeri.
Aveva provato a indovinare le loro destinazioni.
Era rimasta ad osservare per una decina di minuti un tale con la ventiquattrore, occhiali spessi come fondi di bottiglia e giornale aperto a pochi centimetri dal naso.
Pensò che non si sarebbe accorto di lei, nemmeno in mille anni.
Alcune coppie attorniate da parenti, avevano fedi splendenti al dito come i loro sorrisi.
Facile indovinare le loro destinazione e la leggerezza dei loro pensieri.
Anche lei aveva avuto un sorriso così, meno di un anno fa.
Sentì una stretta al cuore e provò una punta di invidia per quelle scene di vita che non le appartenevano più e forse non le sarebbero mai appartenute.
Non con Sandro almeno.

Quando l’aereo rullò sulla pista staccandosi da terra gli parve di sentirsi leggera.
Poi, l’ansia riprese il suo posto, pesante come un macigno, tanto da levarle il respiro.
Il suo pensiero corse a Sandro, anzi, negli ultimi mesi il pensiero fu solo per lui.

Sapeva che questa visita non sarebbe stata come le altre, era preparata, per quanto si possa essere preparati in situazioni come questa.
Le dosi di morfina che gli stavano somministrando erano così alte da lasciarlo in uno stato di incoscienza per quasi tutto il tempo.
Sarebbe rimasta li, per tutto il fine settimana, a vegliarlo, ad attendere che lui aprisse gli occhi, che la riconoscesse.
Gli avrebbe tenuto la mano cercando di far sentire la sua presenza.
Ancora non poteva credere che le cose erano andate così.

  Sandro era poco più che trentenne, ma il suo fisico atletico e asciutto, lo faceva sembrare un ragazzino
Quando il tumore che lo aveva colpito, si fece riconoscere manifestandosi nella sua spaventosa violenza, per tutti sembrò uno scherzo mal riuscito del destino.
Tutte le sicurezze, tutti i sogni, tutti i progetti, vennero cancellati nel tempo che serve per leggere il referto medico.
Uno di quei referti che rende difficile attaccarsi alla speranza.

Il cielo cambiò improvvisamente colore e l’orizzonte non sembrò più così vasto.
Lo smarrimento e le domande rimbombarono per giorni e giorni, i pensieri divennero confusi, la paura cominciò ad essere indesiderata ospite quotidiana e tutto quello che aveva a che fare con la parola futuro venne accuratamente evitata.

Il tumore in pochi mesi si prese il corpo di Sandro, scavando e sfinendo il suo corpo.
Ma non il suo spirito.
Dopo i giorni di comprensibile smarrimento, fu lui, con una forza incredibile a rincuorare tutti quelli che gli stavano accanto.
Più il suo corpo diventava esile e mostrava i segni della sofferenza, più la sua forza interiore cresceva.
Per Sandro parlare della morte e di una dimensione diversa da quella in cui si trovava, era una cosa che non faceva paura. La considerava una realtà inevitabile, qualcosa da affrontare.
  Gianna cercava sempre di allontanare quei discorsi e le lacrime, che inevitabilmente affioravano nei lunghi momenti di silenzio che a volte cadeva tra di loro come un pesante che rendeva il tempo qualcosa di denso e insopportabile.

Non è facile salutare per sempre un amore.
  Gianna non aveva ancora metabolizzato la parola addio, era una cosa che non era pronta ad accettare.
Aveva una vita felice fino a pochi mesi fa, una vita e una bimba piccola da crescere insieme a Sandro.
Ora avrebbe dovuto fare tutto da sola.

L’aereo aveva cominciato le manovre di discesa.
  Gianna chiuse i suoi occhi e pensò a Sandro, a come l’avrebbe trovato, a cosa avrebbe detto nel caso che fosse stato cosciente.
Si ricordò che nel fine settimana scorsa aveva voluto sapere ogni istante della giornata della piccola.
Aveva sorriso guardando le fotografie della bambina, stringendole con le sue dita ossute.
Poi aveva reclinato la sua testa, quasi avesse voluto lasciarsi andare.
Fu il tempo di un attimo, poi riprese a farsi raccontare ogni progresso della bambina.

  Gianna raccontò che aveva trovato una nuova ninna nanna che sembrava avere un effetto miracoloso su di lei. La calmava, facendola scivolare nel sonno in pochi minuti.

Con sua grande sorpresa, Sandro le chiese di cantarla anche per lui.
Quando la nenia iniziò lui chiuse i suoi occhi, abbandonandosi, uomo bambino, a quella culla di voce.

Quando se ne andò dalla stanza lui stava dormendo.
Gli fu di conforto pensare che era stata la sua voce a regalargli quella momentanea pace e si chiese se il suo sonno avesse ancora dei sogni.


Quando Gianna aprì la porta, Sandro era li.
Gli occhi chiusi, con la flebo nel braccio e la mascherina dell’aria che lo aiutava a respirare.
Il medico disse che probabilmente non avrebbe più aperto gli occhi a causa dei farmaci somministrati, poi la lasciò sola.
Sapeva che erano gli ultimi giorni.
La parola addio, quella che non aveva mai voluto pronunciare, la sentiva dentro.

Ma non si scompose, Sandro  non avrebbe voluto.
Si tolse lo spolverino e si accomodò sulla sedia accanto al letto.
Prese la mano di Sandro e la strinse forte, lui non ricambiò.

Poi dopo qualche minuto di silenzio, incominciò a cantare quell’aria che gli piaceva tanto, sicura che potesse sentirlo.
La sua voce risuonò forte e melodiosa.

  Sandro non si svegliò più.
Si lasciò andare a quella ninna nanna.
L’ultima.

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