Ogni alchimista può reggere una
differente quantità di Fuoco che varia col variare della sua apertura di
coscienza, cioè la sua attitudine a rendersi servo dello Spirito.
A causa del processo di « discesa dello
Spirito Santo », nel corso della sua vita quotidiana l’alchimista
diviene ora un accumulatore di Fuoco capace di « irradiare » tale forza
intorno a sé. L’ambiente che lo circonda e le persone con cui
interagisce – per il solo fatto di trovarsi nel suo raggio
d’irradiazione – vengono sottoposti al medesimo procedimento alchemico,
sebbene con minore intensità e sempre secondo le qualificazioni di
ciascuno.
L’alchimista non lavora solo per sé, ma
per la Terra. La materia dell’intero pianeta cambia la sua frequenza
vibratoria per sempre ogni qualvolta un singolo uomo si fa canale dello
Spirito. È come se il Sole stesso approfittasse di un corpo per
penetrare nella materia e da qui irradiare verso l’esterno.
La conseguenza di ciò è la risurrezione nel Corpo.
A questo punto l’immortalità della carne è ottenuta. Il Mago può
conservare il suo corpo fisico attuale oppure, a imitazione di Cristo,
abbandonarlo e costruirne un altro. Tenendo la mente fissa sull’immagine
del nuovo corpo da creare, opera con la materia al fine di attirare a
se’, come fa una calamita, gli atomi necessari a fabbricare il nuovo
involucro atto a manifestarsi nell’ambiente planetario.
La potente irradiazione ignea del Mago
sta alla base del concetto di « iniziazione per trasmissione » o
“trasmissione diretta fra Maestro e allievo”. Non è infatti possibile
conseguire alcunché di definitivo solo attraverso la lettura di scritti e
l’applicazione solitaria dei loro contenuti; questi sono indispensabili
nell’opera di diffusione dell’Arte e nell’indirizzare l’aspirante sul
corretto sentiero, ma non possono, da soli, condurlo oltre un definito
limite. A un certo punto del suo lavoro, il neofita deve porsi sotto
l’influenza di un Mago/Alchimista più avanzato di lui, affinché si operi
l’irradiazione diretta « da Cuore a Cuore », pena l’arrestarsi
inesorabile del suo cammino.
Scopo futuro di ogni alchimista resta
comunque il poter attingere il Fuoco direttamente dal Tutto, attraverso
la completa identificazione con esso, senza dover più usufruire di
iniziati di vario grado che fungano da mediatori. Quando il suo ego è
spazzato via, potrà infatti accedere in linea diretta al Fuoco Solare.
Il compito del Mago è annullare se stesso
per ricevere lo Spirito Santo dalla sorgente solare e ritrasmetterlo
agli uomini che sono sotto la sua influenza. Ciò può esser compiuto
dedicandosi all’arte, alla guarigione e all’insegnamento.
Il Mago esperto – proseguendo nel suo
percorso di « imitatio Christi » – può regolare la direzione e
l’intensità del Fuoco che lo attraversa e decidere di veicolarlo in
maggiore quantità verso un individuo piuttosto che un altro, dopo aver
valutato le possibilità di ognuno di fungere a sua volta da irradiatore
di Fuoco nel suo ambiente. Pertanto, egli si preoccuperà di inviarne
maggiormente verso coloro che più sentono il desiderio di servire,
tenendo sempre in considerazione le rispettive capacità di assimilazione
e ridistribuzione. Egli potrà anche spingerlo nei chakra appropriati a
seconda delle particolari necessità del singolo.
A causa di una predisposizione
naturale, succede talvolta che l’alchimista inizi a ricevere dentro di
sé il Fuoco già molto presto a partire dal momento in cui si “mette
all’Opera”, o addirittura prima ancora di aver inziato il lavoro
alchemico o un qualunque altro percorso spirituale; spesso il fenomeno
comincia spontaneamente in giovane età. In tali circostanze la natura
inferiore non è ancora stata purificata e per l’individuo risulta
piuttosto complesso tenere a bada la sua personalità, anche perché,
nella maggior parte dei casi, non ha idea dei motivi occulti per cui si
accentuano in lui determinati aspetti del carattere. Comportamento
irrequieto, aggressività, sensualità spinta e “fuori dalla norma” e
atteggiamenti ribelli si annoverano fra le più frequenti manifestazioni
esteriori dell’accumularsi del Fuoco in un individuo. Si tenga però
presente che l’apparire di tali sintomi non è sempre riconducibile a
quella causa elevata.
Trattenere per sé il Fuoco costituisce un
comportamento suicida. Esso va espresso in qualunque attività che
implichi un servizio agli esseri umani: guarigione, insegnamento e
realizzazione di opere artistiche sono solo alcune fra le occupazioni
possibili. Lo Spirito deve costantemente circolare, altrimenti esso si
accumula nell’individuo e consuma la forma che lo contiene. Se Prometeo
ruba il Fuoco agli dei è solo per donarlo agli uomini; tenerlo per sé
stesso significherebbe condannarsi a bruciare stupidamente.
Uno degli usi possibili del Fuoco – in
particolare in questo periodo storico – è la “battaglia per la Terra”,
cioè la lotta contro le forze involutive rappresentate dai Maghi Neri.
Un Mago, sia esso bianco o nero, è in grado di muoversi agevolmente sui
piani spirituali, dove si consumano quotidianamente titanici scontri fra
le « forze della luce » e le « forze dell’ombra » che non hanno nulla
da invidiare alle più spettacolari scene dei film di fantascienza o
fantasy.
Il bisogno di nuovi esseri umani capaci
di canalizzare il Fuoco è così pressante che quando un aspirante è
pronto – e ciò può essere facilmente visto dall’aspetto dei suoi corpi
sottili – e manifesta le qualificazioni necessarie per svolgere tale
compito, viene immediatamente contattato dai Maestri della Gerarchia che
– qualora lui dia la sua volontaria disponibilità – lo arruolano fra le
schiere dei combattenti per la liberazione della Terra.
mi piace leggere, viaggiare e il mare in tutte le stagioni. credo fermamente in tutte le ragioni dell'essere, nel suo manifestarsi e nella profonda bontà dell'animo umano.
venerdì 10 aprile 2015
il risveglio
«C’è una quantità di persone che non sono ancora nate. Sembra che siano
qui e che camminano ma, di fatto, non sono ancora nate perché si trovano
al di là di un muro di vetro, sono ancora nell’utero. Sono nel mondo
soltanto provvisoriamente e presto ritorneranno al pleroma da cui hanno
avuto inizio. Non hanno ancora creato un collegamento con questo mondo;
sono sospesi per aria, sono nevrotici che vivono una vita provvisoria.
Dicono: “Adesso sto vivendo in queste condizioni. Se i miei genitori si
comportano secondo i miei desideri, ci sto. Ma se dovessero mai fare
qualcosa che non mi piace, allora tiro le cuoia.” Questa, vedete, è la
vita provvisoria: una vita condizionata, la vita di qualcuno che è
ancora collegato al pleroma, il mondo archetipico dello splendore, da un
cordone ombelicale grosso come una gomena da nave. Bene, nascere è
importantissimo; si deve venire in questo mondo, altrimenti non si può
realizzare il Sé, e fallisce lo scopo di questo mondo. Se questo
succede, semplicemente si deve essere ributtati nel crogiuolo e nascere
di nuovo. […] Vedete, è di un’importanza assoluta essere in questo
mondo, realizzare davvero la propria “entelechia”, il germe di vita che
si è, altrimenti non si può mai mettere in moto Kundalini e non ci si
può mai distaccare. Si viene ributtati indietro, e non è successo nulla,
è un’esperienza assolutamente priva di valore. Si deve credere in
questo mondo, mettere radici, fare del proprio meglio, anche se bisogna
credere alle cose più assurde. […] Si deve infatti lasciare qualche
traccia di sé in questo mondo, che certifichi che siamo stati qui, che
qualcosa è successo. Se non accade nulla del genere, non ci si sarà
realizzati; il germe di vita è caduto, per così dire, in uno spesso
strato d’aria che lo ha tenuto sospeso. Non ha mai toccato il suolo, e
quindi non ha potuto produrre la pianta. Se invece si entra in contatto
con la realtà in cui si vive, vi si rimane per diversi decenni e si
lascia la propria impronta, allora può avviarsi il processo di
impersonale. Vedete, il germoglio deve sbocciare dalla terra, e se la
scintilla personale non è mai entrata nella terra, da lì non uscirà
nulla, non ci saranno né “linga” né “Kundalini” perché si è ancora
nell’infinità che c’era prima.»
(C.G.Jung – La Psicologia del Kundalini Yoga, Seminario tenuto nel 1932, Bollati Boringhieri, pp.75-76)
(C.G.Jung – La Psicologia del Kundalini Yoga, Seminario tenuto nel 1932, Bollati Boringhieri, pp.75-76)