mi piace leggere, viaggiare e il mare in tutte le stagioni. credo fermamente in tutte le ragioni dell'essere, nel suo manifestarsi e nella profonda bontà dell'animo umano.

martedì 20 novembre 2012

LETTERA A MIO PADRE

mio padre

Roma 24 giugno 2011

Tanti auguri a te, tanti auguri a te....

Il motivetto rimbomba nella mia testa, ma non so da quale angolo sia uscito. E' piuttosto infantile come le immagini che rivedo e che non mi appartengono.
Bambini emozionati che attendono il via per soffiare a pieni polmoni sulle candeline della torta per poi tuffarsi sui regali.
Ma oggi a compiere gli anni non c'e' nessun bambino. Oggi è il tuo compleanno papà.

Sono venuta alla tua festa, non sarei voluta venire, ma sono qui. tanti litigi, tanto astio, ma sono qui.
una sfida a difendermi da tutte le emozioni che mi assalgono in queste ricorrenze, non è facile trattenere le manciate di giorni inutili che mi hai regalato nei giorni della mia infanzia. Vorrei tanto scaricarteli addosso, ma forse non servirebbe a niente.
Per cui ho deciso di stare qui, ad affrontare il tuo sguardo e a capire cosa sento adesso per te.

Perché nonostante sia passato molto tempo, le botte che mi davi con indifferenza, le sento ancora adesso che sono donna. Le tue frustrazioni scaricate sui figli, gli anni del collegio e quel mio sentirmi perennemente in colpa per essere nata femmina non mi hanno del tutto abbandonato.

Eppure eri tu che eri eternamente disoccupato e stavi sempre a casa, ma quando avevamo bisogno di te, paradossalmente non c'eri mai.
Anche se a volte l'assenza era meglio della presenza. Il vuoto lo puoi riempire con qualcosa, la tua presenza non poteva essere eliminata e volte era insopportabile.
Amavi farti odiare.
Eri impareggiabile quando mi facevi assistere, muta nell’angoscia, alle percosse e ai pugni che davi a mia madre, impotente di fronte a te, come tutti noi spettatori di quell'assurda violenza.
Gli sguardi che ci scambiavamo tra di noi, le occhiate che davo a mia madre erano fatte di una silenziosa solidarietà.

Solo sentirti respirare era terrore.

Ricordo ancora quella volta che con un manrovescio mi hai rotto il setto nasale: quanto sangue mi hai fatto versare solo perché quella volta eri di cattivo umore e ti dava fastidio che non mangiassi la minestra. Con la faccia riversa sul piatto, muta ascoltavo la tua ira. Hai rotto il silenzio ribaltando la tavola e poi mi hai colpito. Il sangue gocciolava sul pavimento, e la testa mi girava forte, mentre la paura mi divorava lo stomaco. E tu urlavi, urlavi, urlavi....
Ho provato negli anni a pensare a come ti potevi essere sentito quella volta, troppo simile a tante altre volte, ma tu hai mai pensato a come mi sono sentita io? Pensa che nel mio mondo bambino ho provato persino a giustificare il tuo cattivo umore. I tuoi scatti d'ira.
Ma tu eri sempre di cattivo umore.

Lo eri di mattina, perché volevi dormire
Lo eri di pomeriggio perché noi, i tuoi sette figli, non riuscivamo a stare in perfetto silenzio.
Lo eri alla sera, dove dopo una giornata inutile la tua ira doveva trovare sfogo, dovevi dare un senso alla tua nullità.
Su di noi o sulla tua sposa, come la chiami ancora adesso. Un oggetto dei tuoi desideri e delle tue violenze, incapace di ribellarsi al tuo volere, ha messo alla luce ben sette figli.

Siamo ancora tutti qui. Non tutti! perchè ancora oggi astio e rancore non abbandona gli animi.
Anche loro si portano dietro i segni della tua educazione, ma sono tutti ancora in piedi, anche se la vita per loro, non è facile.
Sono li intorno e chissà, forse riescono anche a provare qualcosa, un sentimento che si avvicina al bene.
Ora sembra più facile. Ora che sei un vecchio leone sdentato e il cancro ti sta mangiando da dentro è decisamente più semplice. Il dolore ti piegherà in due prima o poi e le gambe non ti sosterranno più, sarà allora che allungherai la mano non per colpire, ma per chiedere aiuto.
Loro sono li e chissà magari ci sarò anch'io.

La pietà spesso prende il sopravvento sul passato e questo potrebbe essere con tutta probabilità il tuo ultimo compleanno e chissà, se quando avverrà il momento del distacco eterno, ti porterai via anche tutte le sofferenze che mi hai inflitto.
Chissà se mi sentirò più leggera, se avrò Natali e compleanni diversi, senza che il passato inquini il presente e renda pauroso il futuro.

Spesso osservo i miei fratelli e le loro vite. Il vittimismo di alcuni di loro mi ricorda il tuo. Gli errori che spesso hanno fatto sono frutto dei tuoi insegnamenti. Una spirale da cui sembra non si riesca mai a uscire.
Le mie sorelle sentono il peso di essere femmine. Quante volte ci siamo sentiti persi in questa vita che è apparsa molte volte come un immenso labirinto.

Ma sono qui i tuoi figli, ma hanno tutti fiato e vita, hanno giorni da spendere, speranze da consumare e cicatrici da cancellare.
Hanno ancora la forza di vivere un giorno come questo, di andare nel negozio di sotto a prendere una torta e stappare una bottiglia di vino.
Il rituale della vita a volte mi sorprende, mi stordisce.
E tu sei li al centro, e mi chiedo se capisci quello che stai vivendo e se sai che questi sono i tuoi ultimi giorni.

Tu non hai più niente e mi chiedo se quando posi la testa sul cuscino, adesso che stai male, non pensi alle macerie della tua vita.
Mi chiedo se prima di andartene avrai il coraggio di chiedere scusa a qualcuno di noi.
Se avrai il coraggio di comportarti da uomo.
Se ambisci a qualcosa di simile al perdono, vorrebbe dire che per una volta almeno ti sei sentito in colpa.
Ignorante irresponsabile, è questo che ho pensato di te papà e lo penso ancora.

E anche quando te ne sarai andato, le cose qui non andranno come vorrei. Non c'è mai un lieto fine scontato, in questa trappola di vita che ci hai regalato.

Però il tempo qualcosa mi ha insegnato.
So tutto quello che non si deve fare per vivere in modo dignitoso.

La bambina che picchiavi non c'è più.
Ora sono donna.
Ho un po' meno paura e più coraggio.




OTTOBRE  2012....



 E' passato più di un anno dalla tua morte e sembra che se prendo il telefono e chiamo casa, tu possa ancora rispondere.
Le cose si sono messe male dopo la tua morte. I tuoi figli non hanno fatto pace come hai implorato  negli ultimi giorni della tua vita!.
Anzi il divario si è allargato sempre più. Le incomprensioni, i rancori passati hanno preso spessore e hanno formato una barriera tangibile che separa i fratelli dagli altri fratelli e le sorelle dalle altre sorelle. Me ne dispiace molto!
Ricordo uno dei nostri ultimi giorni passati insieme. “loro”, nonostante tu li volessi rappacificati , continuavano a litigare. Io ti ho accompagnato a letto, ti sei steso e nel silenzio della stanza guardandomi negli occhi, per la prima volta senza rimprovero o accusa, mi dicesti solo poche parole :” sai, io lo so che in questi ultimi anni tu sei stata troppo sola!” io ho ascoltato con molto stupore le tue parole e dopo è sceso un silenzio ristoratore, come se un arcobaleno fosse spuntato nel cielo sopra di noi. Siamo rimasti così! Con gli occhi chiusi e sentire ancora il balsamico effetto delle le tue parole, mentre nell'altra stanza si sentivano le urla furiose di chi stava litigando, incurante di tutto. Incurante del fatto che di sotto, nel cortile, c’era un fratello a cui non era permesso entrare in casa per stare al capezzale del padre morente! Una figlia che non comprendendo cosa stesse accadendo, aveva visto bene di starne fuori. Li ho trovati lì ,quando sono scesa seduti sulla panchina tutti e due, con lo stupore negli occhi. Ancora a chiedersi, l’uno perché non potesse stare accanto al padre in quel momento, l’altra cosa significasse tutto quello e cosa stesse lì a fare. Come ci sfuggono gli attimi importanti della nostra vita!
Gli ultimi giorni in ospedale, poi, dove gravava questo senso di ineluttabilità, sembrava che i rancori fossero messi da parte. Tu! Fratello consentisti all’altro fratello di vedere suo padre! Vi siete anche abbracciati in un momento senza tempo in cui veramente sembrava vi voleste bene. La morte che aleggiava zittiva le menti. Eravamo tutti di nuovo intorno a te! Ci siamo raccontati un po’, nel silenzio delle corsie, ci siamo confrontati anche senza parole, cercando negli occhi dell’altro una parola gentile, cercando con molta fatica di avere noi una parola gentile per l’altro. Questa era la situazione migliore per dirsi tante cose! Abbiamo parlato di morte! Della morte di un bimbo appena nato. Di un uomo che aspettava di vedere crescere sua figlia piccola ma che il fato ha scelto di far morire. Dell’amico che fino a ieri eri lì a ridere con te e un attimo dopo non c’era più.
La tensione degli ultimi giorni ha messo in secondo piano le faccende di ogni giorno che sembravano banali di fronte alla morte. Per un attimo, il velo del tempo e delle dimensioni vita-morte si è squarciato. Si è intravisto il vero significato della vita, delle nostre azioni, di quanto fosse infruttuoso litigare. Siamo stati con te tutta la notte. Ti abbiamo visto respirare con fatica. Abbiamo pregato per te tutta la notte. Si! sorella e fratello! Abbiamo pregato! Non abbiamo fatto nessuna magia! Ma se vuoi credere, anche la preghiera è magia!
Il mattino dopo, ancora con gli occhi rossi per la fatica e la tensione, ti abbiamo sentito pronunciare queste parole papà: da oggi in poi sarò un padre migliore….da oggi in poi….
Penso che il passato non si cancelli. Ma si può perdonare! Il perdono rende le persone migliori!
Per un po’ è stato come  tutti vorremmo che fosse e cioè vicini, ancora riuniti come una volta intorno a una tavola a ridere e scherzare anche dei nostri difetti. Non è durato molto.
Quello che è accaduto dopo, le tue visioni, le tue angosce….sono paura. La paura che coglie tutti nel momento della morte e che gli altri non vogliono vedere perché dovrebbero vedere la loro morte.
Ognuno vuole trovare un capro espiatorio all’evento morte. È colpa del medico o della medicina o dell’infermiera o di chissà chi. In ultima istanza, di Dio.
E allora l’evento morte si è tinta dei colori delle nostre emozioni. Adesso siamo tutti arroccati nelle credenze e nelle paure che ci separano.
Io non serbo più rancore per te papà! Hai riscattato tutta la tua e la mia vita nel momento in cui hai voluto veramente essere un padre migliore.
Giovanna Di Martino
p.s. ho voluto unire queste due lettere, scritte in momenti differenti della mia vita, per un senso di continuità e per dire prima di tutto a me stessa che la vita è un flusso. Quello che crediamo immutabile può cambiare. gli altri possono cambiare. IO posso cambiare e posso trasformare il dolore per diventare migliore.