mi piace leggere, viaggiare e il mare in tutte le stagioni. credo fermamente in tutte le ragioni dell'essere, nel suo manifestarsi e nella profonda bontà dell'animo umano.

giovedì 28 luglio 2011

mio padre

Roma 24 giugno 2011

Tanti auguri a te, tanti auguri a te....

Il motivetto rimbomba nella mia testa, ma non so da quale angolo sia uscito. E' piuttosto infantile come le immagini che rivedo e che non mi appartengono.
Bambini emozionati che attendono il via per soffiare a pieni polmoni sulle candeline della torta per poi tuffarsi sui regali.
Ma oggi a compiere gli anni non c'e' nessun bambino. Oggi è il tuo compleanno papà.

Sono venuta alla tua festa, non sarei voluta venire, ma sono qui. tanti litigi, tanto astio, ma sono qui.
una sfida a difendermi da tutte le emozioni che mi assalgono in queste ricorrenze, non è facile trattenere le manciate di giorni inutili che mi hai regalato nei giorni della mia infanzia. Vorrei tanto scaricarteli addosso, ma forse non servirebbe a niente.
Per cui ho deciso di stare qui, ad affrontare il tuo sguardo e a capire cosa sento adesso per te.

Perché nonostante sia passato molto tempo, le botte che mi davi con indifferenza, le sento ancora adesso che sono donna. Le tue frustrazioni scaricate sui figli, gli anni del collegio e quel mio sentirmi perennemente in colpa per essere nata femmina non mi hanno del tutto abbandonato.

Eppure eri tu che eri eternamente disoccupato e stavi sempre a casa, ma quando avevamo bisogno di te, paradossalmente non c'eri mai.
Anche se a volte l'assenza era meglio della presenza. Il vuoto lo puoi riempire con qualcosa, la tua presenza non poteva essere eliminata e volte era insopportabile.
Amavi farti odiare.
Eri impareggiabile quando mi facevi assistere, muta nell’angoscia, alle percosse e ai pugni che davi a mia madre, impotente di fronte a te, come tutti noi spettatori di quell'assurda violenza.
Gli sguardi che ci scambiavamo tra di noi, le occhiate che davo a mia madre erano fatte di una silenziosa solidarietà.

Solo sentirti respirare era terrore.

Ricordo ancora quella volta che con un manrovescio mi hai rotto il setto nasale: quanto sangue mi hai fatto versare solo perché quella volta eri di cattivo umore e ti dava fastidio che non mangiassi la minestra. Con la faccia riversa sul piatto, muta ascoltavo la tua ira. Hai rotto il silenzio ribaltando la tavola e poi mi hai colpito. Il sangue gocciolava sul pavimento, e la testa mi girava forte, mentre la paura mi divorava lo stomaco. E tu urlavi, urlavi, urlavi....
Ho provato negli anni a pensare a come ti potevi essere sentito quella volta, troppo simile a tante altre volte, ma tu hai mai pensato a come mi sono sentita io? Pensa che nel mio mondo bambino ho provato persino a giustificare il tuo cattivo umore. I tuoi scatti d'ira.
Ma tu eri sempre di cattivo umore.

Lo eri di mattina, perché volevi dormire
Lo eri di pomeriggio perché noi, i tuoi sette figli, non riuscivamo a stare in perfetto silenzio.
Lo eri alla sera, dove dopo una giornata inutile la tua ira doveva trovare sfogo, dovevi dare un senso alla tua nullità.
Su di noi o sulla tua sposa, come la chiami ancora adesso. Un oggetto dei tuoi desideri e delle tue violenze, incapace di ribellarsi al tuo volere, ha messo alla luce ben sette figli.

Siamo ancora tutti qui. Non tutti! perchè ancora oggi astio e rancore non abbandona gli animi.
Anche loro si portano dietro i segni della tua educazione, ma sono tutti ancora in piedi, anche se la vita per loro, non è facile.
Sono li intorno e chissà, forse riescono anche a provare qualcosa, un sentimento che si avvicina al bene.
Ora sembra più facile. Ora che sei un vecchio leone sdentato e il cancro ti sta mangiando da dentro è decisamente più semplice. Il dolore ti piegherà in due prima o poi e le gambe non ti sosterranno più, sarà allora che allungherai la mano non per colpire, ma per chiedere aiuto.
Loro sono li e chissà magari ci sarò anch'io.

La pietà spesso prende il sopravvento sul passato e questo potrebbe essere con tutta probabilità il tuo ultimo compleanno e chissà, se quando avverrà il momento del distacco eterno, ti porterai via anche tutte le sofferenze che mi hai inflitto.
Chissà se mi sentirò più leggera, se avrò Natali e compleanni diversi, senza che il passato inquini il presente e renda pauroso il futuro.

Spesso osservo i miei fratelli e le loro vite. Il vittimismo di alcuni di loro mi ricorda il tuo. Gli errori che spesso hanno fatto sono frutto dei tuoi insegnamenti. Una spirale da cui sembra non si riesca mai a uscire.
Le mie sorelle sentono il peso di essere femmine. Quante volte ci siamo sentiti persi in questa vita che è apparsa molte volte come un immenso labirinto.

Ma sono qui i tuoi figli, ma hanno tutti fiato e vita, hanno giorni da spendere, speranze da consumare e cicatrici da cancellare.
Hanno ancora la forza di vivere un giorno come questo, di andare nel negozio di sotto a prendere una torta e stappare una bottiglia di vino.
Il rituale della vita a volte mi sorprende, mi stordisce.
E tu sei li al centro, e mi chiedo se capisci quello che stai vivendo e se sai che questi sono i tuoi ultimi giorni.

Tu non hai più niente e mi chiedo se quando posi la testa sul cuscino, adesso che stai male, non pensi alle macerie della tua vita.
Mi chiedo se prima di andartene avrai il coraggio di chiedere scusa a qualcuno di noi.
Se avrai il coraggio di comportarti da uomo.
Se ambisci a qualcosa di simile al perdono, vorrebbe dire che per una volta almeno ti sei sentito in colpa.
Ignorante irresponsabile, è questo che ho pensato di te papà e lo penso ancora.

E anche quando te ne sarai andato, le cose qui non andranno come vorrei. Non c'è mai un lieto fine scontato, in questa trappola di vita che ci hai regalato.

Però il tempo qualcosa mi ha insegnato.
So tutto quello che non si deve fare per vivere in modo dignitoso.

La bambina che picchiavi non c'è più.
Ora sono donna.
Ho un po' meno paura e più coraggio.