mi piace leggere, viaggiare e il mare in tutte le stagioni. credo fermamente in tutte le ragioni dell'essere, nel suo manifestarsi e nella profonda bontà dell'animo umano.

mercoledì 24 novembre 2010

PANTALONI A VITA BASSA

“Vieni entra. Sei puntuale!”.
Così disse la mia prof.ssa di italiano delle medie.
Andai da lei quel pomeriggio, dietro suo invito ricevuto la mattina a scuola. Entrai titubante e mi guardai intorno: tutto era spazioso, lindo e profumava di legno. Il pavimento di marmo lucido rifletteva le pareti di un colore tenuo e caldo.
“accomodati pure “ mi disse facendomi cenno di entrare in un grande salone luminoso.
Ero intimorita. Avevo l’impressione che muovendomi avrei rotto un incantesimo. La luce che entrava dalla grande finestra illuminava le vetrine di un grande mobile antico in legno massello. Mi guardavo intorno soggiogata da tanta bellezza. Di certo non assomigliava affatto all’ambiente dove vivevo io, tutto piccolo e sporco.
“prendi pure le caramelle” disse, porgendomi un contenitore di cristallo pieno di caramelle di zucchero che luccicavano nei loro involucri colorati.
Il suo tono era gentile e carezzevole. La sua voce molto calma.
Tutto era calmo in quella casa. Non come a casa mia dove le urla la favevano da padrone.
Mi sentivo imbarazzata ma nel contempo felice di poter respirare un’aria così lontana dalla mia realtà.
Intanto la mia prof.ssa parlava, sempre con il suo tono dolce e tranquillo che avvolgeva i miei pensieri. Qualcosa arrivava sotto pelle. Sentivo che di quella signora, che assomigliava alla fata madrina di cenerentola, mi potevo fidare.
Ma fino a un certo punto. Il muro che avevo innalzato tra me e gli altri era sempre lì, invisibile e impenetrabile.
“…ascolta Alice, volevo dirti qualcosa che potrebbe offenderti e io non vorrei mai ferirti in nessun modo…” così continuava la mia prof.ssa quando rivolsi di nuovo l’attenzione a quello che stava dicendo.
Offendermi?, la dolce e buona signora parla di offendermi? E come potrebbe? non riuscivo a comprendere.
“vedi, mia figlia ha dei pantaloni che non mette più perché fuori moda, sai sono a vita bassa andavano un po’ di tempo fa, adesso non si mettono più. Però sono come nuovi, non li ha mai messi.”
Parlava di pantaloni di sua figlia. Sua figlia viveva sicuramente in quella casa. E certo, era sua figlia!
Si sedeva in quelle morbide poltrone tutte le volte che voleva! Vedeva quella luce splendida tutti i giorni! Che ragazza fortunata!.
“ posso andare in bagno?” chiesi.
“ ma certo!, è in fondo al corridoio, se vuoi ti accompagno!”mi rispose la dolce signora.
Mi accompagnò in un ambiente altrettanto luminoso e pulito. Mi fece entrare e mi disse “ ti aspetto in salone”. E si allontanò chiudendo silenziosamente la porta. Girai lo sguardo tutt’intorno lentamente senza avanzare di un passo. Come era bello! Sembrava uno di quei bagni che si vedono nei film, con le piante e tutto il resto. Di certo sua figlia faceva il bagno in quella splendida vasca con l’acqua calda e il bagno schiuma profumato!.
Feci la pipì e dopo mi affacciai alla finestra che dava sul cortile interno del palazzo di 5 piani. Certo le cose viste da lassù hanno tutta un’altra aria! Pensai tirando lo sciacquone. Volsi lo sguardo allo specchio lucido e vidi riflessa una bimba di 10 anni un po’ emaciata e pallida con i capelli di un castano smorto, corti e scarmigliati e un vestito un po’ sporco e logoro di cui mi vergognai subito. Cercai di riassettarmi alla meglio. Tanto non sarei mai riuscita a essere all’altezza di quell’ambiente e continuando a vergognarmi uscii. Chiusi il più lentamente possibile la porta per non far rumore e anche perchè non sapevo come chiudere una porta funzionante e nuova. Raggiunsi la prof.sa in fondo al salone. Quando mi vide mi rivolse un sorriso invitandomi a sedere. Non mi faceva mai troppe domande. Parlava per lo più lei, quindi continuò dicendo” se questo dovesse offenderti o dovesse offendere la tua mamma fatemelo sapere.” Non afferravo precisamente cosa volesse dire ma vedevo il suo viso preoccuparsi e questo non potevo sopportarlo soprattutto se pensavo potessi essere io l’oggetto della sua preoccupazione.
“no, no non mi offende, va bene!” risposi in fretta.
“ bene, allora li vado a prendere così te li faccio vedere”.
Ne approfittai per avvolgermi ancora in quell’aria tranquilla e serena. Mi guardai intorno ancora incuriosita dalla casa.
Il mio sguardo si posò sul mobile dell’ingresso dove giacevano un paio di guanti, posati ordinatamente. Erano i guanti che la dolce signora indossava per venire a scuola. Quando entrava in aula, dopo aver salutato tutti gli studenti, s’incamminava verso la scrivania e chiedendoci come era andata la mattinata si toglieva i guanti lentamente e con cura li poggiava sopra la scrivania, dove rimanevano sino alla fine della lezione. Io, durante la mattina di lezione tra una lettura e una spiegazione, ogni tanto li guardavo, lì poggiati, in pelle nera con la loro pelliccetta intorno ai polsi, che dava l’aria di essere così morbida. Il mio sguardo si posava con insistenza su di essi: morivo dal desiderio di poterli sfiorare!.
E Adesso erano lì, a portata di mano e non resistetti. Mi avvicinai, furtiva, al mobile dell’ingresso guardandomi intorno. ero ad un passo, allungai la mano e…. li toccai.
Come erano morbidi!
Proprio come avevo immaginato!
Strinsi tra le dita la soffice pelle nera, palpandola delicatamente.
La pelliccetta all’interno, rasa e bianca, era di morbidissimo pelo di lapin. Provai qualcosa di così intenso che chiusi gli occhi.
Che sensazione bellissima.!
Li riaprii immediatamente con un senso di trasgressione.
Dopo un attimo li rilasciai andare in fretta sul mobile per paura di essere scoperta. Ritornai furtiva nel salone e ancora estasiata da ciò che avevo provato, aspettai inebetita il ritorno della signora.
Poco dopo fu di ritorno con in mano un paio di jeans nuovissimi.
Continuò a scusarsi e a invitarmi ad andarla a trovare ogni qualvolta lo volessi.
Io dal canto mio era ancora stordita dalla nuova sensazione che la pelliccetta aveva lasciato sulle mie dita. Ammutolita e ancora in estasi, presi i pantaloni, ringraziai e con voce fievole chiesi
“ veramente posso venire a trovarla ancora?”
“certamente! “ rispose sempre con il suo tono gentile e premuroso. Dal mio viso sentii spuntare un sorriso. “Adesso vai che tua mamma ti aspetta” disse la dolce signora. Mi accompagnò alla porta, l’aprì e mi salutò affettuosamente. Uscii e dopo un ultimo sguardo presi a scendere le scale. “ A domani” disse la prof.sa sulla soglia e poi richiuse dolcemente la porta. Lentamente e ancora con un sorriso ebete sulle labbra, continuai a scendere i gradini delle scale, in mano la busta con dentro i pantaloni a vita bassa.

Giovanna Di Martino

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