mi piace leggere, viaggiare e il mare in tutte le stagioni. credo fermamente in tutte le ragioni dell'essere, nel suo manifestarsi e nella profonda bontà dell'animo umano.

mercoledì 17 novembre 2010

IL VOLANTINO

La ragazza entrò in un bar, era depressa. Si guardò attorno con sguardo vacuo. C’erano gli stuzzichini sul bancone, residuo degli happy hours, pubblicità, volantini.
Afferrò un volantino, lo lesse. Nella sua mente le parole scorrevano come in un film con i sottotitoli. Ma non erano le parole del volantino quelle che vedeva. Erano parole del suo recente passato. Qualcuno gliele aveva urlate nelle orecchie e le facevano male, ferivano.
Rigirò il volantino tra le mani. Le lacrime volevano scorrere libere, ma non poteva. La testa le scoppiava. Tanti pensieri alla rinfusa alla ricerca di una risposta.
Avrebbe voluto gridare al barista “ mi dici tu cosa devo fare? Aspetto un bambino da un uomo insopportabile e crudele, ma è il padre del mio bambino e mio figlio ha bisogno di un padre!
Rispondimi, dammi tu la risposta, cosa devo fare?”. Il ragazzo del bar la fissò e dopo qualche secondo ripetè “desidera?”.
Si fissarono, e dopo un tempo interminabile, la ragazza disse “ un caffè!”.
Incasso le spalle e con un gesto lento piegò il volantino e lo mise in tasca. Bevve il suo caffè. Pagò alla cassa e uscì nell’aria gelida della sera, immersa nella sua solitudine e con la sua domanda mai posta.
Quante volte ci siamo chiesti “ ma come faccio a risolvere questo problema? Chi è che mi può aiutare?” e se non abbiamo amici, parenti di cui ci possiamo fidare, con cui poterne parlare, rimaniamo soli con i nostri dubbi, le nostre paure che crescono, crescono fino a sovrastarci.
E quando la nostra solitudine diventa spessa e densa come melassa ci ritroviamo in un mondo dove gli altri sono meteore che sfrecciano tutto intorno a noi e non riusciamo a capire cosa accade e perché scivoliamo sempre più giù.
Giù è sempre più buio, non si vedono più i contorni, tutto è uguale: nero!
Qualche volta si intravede una luce in lontananza che si avvicina sempre di più fino a prendere forma. È il viso di qualcuno, il più delle volte uno sconosciuto, che dice “ ti posso aiutare?”
Lo guardi. Rimani perplessa. Non rispondi.
E la luce si allontana, fino a sparire un’altra volta. Non riesci a capire cosa è successo. Il buio lo conosci meglio, è la condizione nella quale ti trovi più spesso.
Ma poi accade qualcosa.
Un’altra piccola luce si avvicina, diventa sempre più splendente.
È un altro viso che ti chiede “ ti posso aiutare?”
Non rispondi. Ma il “viso” non va via.
È lì, aspetta, non va via.
Ti ascolta e aspetta.
È come se sapesse della tua titubanza a uscire dal buio. È come se sapesse che hai bisogno di tempo, di spazio.
E aspetta.
A quel punto ti rendi conto che è lì per te, è disposto ad ascoltarti. Non è noioso quello che hai da dire. Non dai fastidio.
Azzardi a dire qualcosa. Qualsiasi cosa, anche cose stupide.
Ma egli ascolta ancora. Anzi ti ascolta veramente. Te ne accorgi, perché qualcosa dentro di te si riscalda, si distende.
Ascolta le cose che non dici, le emozioni represse che aspettano questo momento per farsi sentire.
Cose che non sai nemmeno di avere. Ma è tutto lì dentro di te, e c’è un gran caos, perché ogni cosa vuole il suo spazio e la sua voce. E allora urlano tutte assieme, e nella tua testa c’e tanto rumore.
“Il viso” tutto questo lo sa. Non si spaventa se piangi, se gridi, se non parli.
Egli aspetta. E ti ascolta!
Allora ti rendi conto che ogni cosa dentro di te ha un nome: rabbia, tristezza, melanconia, disperazione, angoscia.
Ma anche dolcezza, tenerezza, gioia.

Sono passati quattro anni, la ragazza ha scoperto come non essere più sola.
Da’ ascolto alle sue emozioni. Ha scoperto che qualcuno può insegnarle come imparare a sentire.
A dar voce a quel tumulto interno.
Qualcuno che crede che le persone siano importanti. Tutte. Compresa lei.
Certo i suoi problemi non si sono dissolti. Ma adesso sa che ci sono tanti modi di vedere le stesse cose. Soprattutto se si ha la consapevolezza che le risorse per cambiare visione sono dentro ognuno di noi, e che ognuno di noi è un mondo. Un mondo in evoluzione ed autoattualizzante.
“ …Sia che si parli di un fiore o di una quercia, di un verme fangoso o di uno splendido uccello, di una scimmia o di una persona, credo che faremmo la cosa migliore a riconoscere che la vita è un processo attivo, non passivo. Sia che lo stimolo provenga dall’interno o dell’esterno, sia che l’ambiente sia favorevole o sfavorevole, i comportamenti di un organismo possono essere compresi in termini del mantenimento, dell’arricchimento e della riproduzione di se stesso. È questa la natura stessa del processo che definiamo vita. Una tendenza del genere è all’opera in ogni momento. E di fatto , solo la presenza o l’assenza di questo processo totalmente direzionato ci consente di dire se un organismo è vivo o morto…” (1).

La ragazza ha trovato uno spazio, un tempo, in cui tutto questo è riconosciuto da altri come lei. Persone che credono in quell’ascolto empatico capace di far germogliare quella forza preponderante che è la vita.
Entra nella stanza. Si guarda intorno e vede tanti “volti”. Sono lì per lo stesso motivo. Per imparare.
Imparare un modo di essere.
Gli altri membri del gruppo sono già tutti lì. Sorride, saluta i suoi amici. Oggi c’è lezione, come da un anno ormai.
In quest’ultimo anno trascorso, sono accadute tante cose. L’ ambiente protetto, dove hanno luogo le lezioni, ha permesso a tutti di rilassarsi quel tanto da abbandonare, almeno per un po’, alcune difese.
È contenta di essere lì, insieme a loro, a sperimentare ciò che avviene quando una persona viene messa in condizioni di concentrare l’attenzione sui vari livelli di cui è composto il suo mondo interiore. Ha visto e sperimentato personalmente le tecniche della risposta riflettente. Ciò che più l’ha colpita è quello che scatena il risentire, ripetuta dall’altro, la stessa parola o la stessa espressione detta poco prima. L’altro non sa a cosa si aggancia quella data espressione ma sa che se abbiamo usato quel termine e non altri è perché, sicuramente, quello è il termine che fa vibrare qualcosa dentro di noi. E’ questa la magia delle parole. E succede qualcosa di straordinario.
L’esperienza di uno si propaga, ad effetto onda, sugli altri. Ciò che sta provando una persona in un dato momento passa come per osmosi a tutto il gruppo. Le persone sentono di essere in contatto.
“Esse lo sperimentano come una tensione verso un’esperienza trascendente di unità”. Così quando si forma un clima psicologico che permette all’individuo di essere – si tratti di clienti, studenti, lavoratori o di persone in un gruppo- non siamo coinvolti in un evento casuale. Attingiamo ad una tendenza che permea tutta la vita organica – una tendenza a divenire tutta la complessità di cui è capace l’organismo…..Su una scala più ampia siamo in armonia con una potente tendenza creativa che ha dato forma al nostro universo, dal più piccolo fiocco di neve alla galassia più grande, dall’umile ameba al più sensibile e dotato essere umano. E forse stiamo toccando il limite estremo della nostra capacità di trascenderci, di creare direzioni nuove e più spirituali nell’evoluzione umana”(1).
La strada che porta a questo sentire è disseminata di vicoli ciechi. Occorre ascoltare l’eco che ogni atteggiamento dell’altro fa risuonare dentro di noi, discernere la nostra voce da quella dell’altro. E quando abbiamo preso un po’ di dimestichezza con questo meccanismo, si riesce a sentire l’entità gruppo, si percepisce l’essere insieme e l’individualità. Certo, se c’è uno scopo comune, tutto questo accade più facilmente giacchè le energie del gruppo fungono da catalizzatore. Ma è anche vero che questo può avvenire ogni volta che c’è un vero con-tatto con un altro individuo.
Creare questo con-tatto è lo scopo del nostro divenire.
Quali sono i presupposti affinchè ciò avvenga? È necessario un rapporto permissivo, non direttivo. Rispetto e accettazione incondizionata della persona. Comprensione empatica più dei sentimenti che dei fatti che la persona porta.
Durante questo anno, la ragazza ha potuto vedere come queste cose siano possibili.
Che l’autore di questo pensiero, Rogers, ha dato un grande contributo alla scoperta dell’animo umano.

Ecco sono tutti pronti a vivere un’altra splendida avventura, un’altra giornata di lezione, di lavoro qualche volta dolorosa, spesso faticosa, ma sempre coinvolgente e formativa.
Ogni insegnante è atteso con curiosità e aspettativa.
La ragazza si guarda intorno e aspetta. È pronta a esplorare un altro lato di se stessa.
Parla, ride, scherza con i suoi amici e distrattamente si mette le mani in tasca, ne estrae un volantino un po’ spiegazzato. È lì da un bel po’ di tempo.
Lo dispiega e comincia a leggerlo:
Scuola di Counseling familiare e dell’età evolutiva..…………






Giovanna Di Martino
Ottobre 2006 - 1° anno di scuola di counseling familiare e dell’età evolutiva di Piera Campagnoli – Gorgonzola.





(1) Rogers, un modo di essere

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